Lavorare in proprio a Londra: intervista a Davide Scialpi!

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In questi giorni ho avuto la fortuna di incontrare e conoscere Davide Scialpi, italiano residente a Londra da un anno e mezzo. Davide è originario di Milano e può vantare un Master di alta specializzazione in Corporate Governance e Internal Audit che fa seguito alla Laurea in Economia e Management. È Direttore Generale di Reinventa Dee Oceans ltd, Società di Consulenza Internazionale specializzata in marketing strategico, comunicazione azle digitale ed employer branding, ma anche Chairman del Workshop-Conferenza Internazionale “Employer Branding Revolution LIVE TOUR!“. Dopo una serie di esperienze di consulenza per progetti di brevi periodi e workshop di formazione in vari paesi sparsi per il Vecchio Continente è sbarcato a Londra. Ecco la sua intervista sul mondo del lavoro londinese (con particolare attenzione per il lavoro in proprio, gli investimenti, il campo del marketing)… e non solo!

 

  • Ciao Davide, puoi spiegarci come è nata e come si è sviluppata la tua attività? Quali sono stati i tempi di azione e come hai gestito i tuoi investimenti?

Innanzitutto ad incidere è stata la scelta di trasferirmi a vivere qua a Londra dopo praticamente più di un anno in giro per l’Europa come consulente nel campo della consulenza del branding e employer branding aziendale per multinazionali. Non nascondo e va da sé che parallelamente a questo s’era unito un forte processo in termini di reputazione personale in siffatto ambito di consulenza manageriale cha ha trovato il favore di praticamente tutti i mercati mondiali -con gli USA come capofila- cloroformizzato dal seguito ottenuto sui social network come Twitter e Linkedin e  che mi ha spinto conseguentemente alla decisione ragionata di fare tutto qua. Da un lato quindi una scelta di vita unita alla esigenza di valorizzazione di un percorso professionale costruito e apprezzato un pò ovunque. Un processo fisiologico se vuoi. Di certo a contribuire c’è stata anche  l’attitudine personale nel porsi sfide sempre più competitive e la voglia di continuare ad emozionarsi e allontanarsi da sistemi vetusti e gerontocratici, fatti di giochi e logiche di potere, di difesa degli status-quo e delle proprie rendite nonché scelte di comodo e di prima approssimazione a scapito del progresso e dell’innovazione. La disoccupazione, l’impossibilità di fare impresa, la mancanza di meritocrazia, la fuga delle persone e non dei cervelli sono tutti strumenti predisposti e creati dai decision maker per poter parlare al proprio elettorato di qualcosa nei media. E francamente non mi piace stare dove c’è questo tipo di gente di serie B. Non so come facciano a non provare vergogna nel continuare a riptetere a sproposito parole come sviluppo, progresso, innovazione, imprese e soprattutto giovani. Quando gli altri Paesi da questo punto di vista funzionano e vanno a velocità 10 volte superiori e non mi sembrano tanto più furbi di noi. Anyway, mi scuso per la digressione. Ma questa è sempre sacrosanta nell’agenda di chi è all’estero e si volta dietro ogni tanto a guardare. 

Ritornando a noi, ho iniziato l’attività di marketing e branding della mia azienda che ormai è già bella e lanciata anywhere. In termini di tempo il processo è stato un pò lento perché nel contempo al lancio della società che poi è avvenuta ufficialmente in pompa magna in un Summit a Vienna in Austria dove ero stato invitato fra gli esperti internazionali per parlare di comunicazione globale aziendale, ero preso e impegnato su progetti per cui c’è stato qualche fisiologico ritardo. In altre parole, 6 mesi pieni. Per quanto riguarda i miei investimenti infine, ho reinvestito praticamente tutto quello che ho guadagnato nell’ultimo anno e mezzo in giro per l’Europa. Si è trattato di una cifra abbastanza considerevole. Ma come fanno i bravi marketer qualsiasi cosa si guadagna va reinvestita in modo efficace per ottenere altro valore. Dimenticavo, l’azienda si chiama Reinventa Dee Oceans ed è una società di consulenza internazionale nel campo della comunicazone digitale, branding, employer branding, eventi di alta formazione e marketing strategico.

 

  • Aprire un’attività in proprio a Londra, quali sono le maggiori difficoltà e quali le differenze rispetto al sistema italiano?

Anzitutto è chiaro che stiamo parlando di uno dei mercati più competitivi al mondo sotto ogni punto di vista. Non ci sono sconti per nessuno. Molti mollano tutto perché il ritmo è superiore rispetto a qualsiasi altro posto. Di certo però il mercato e gli operatori apprezzano il lavoro fatto bene e chi ci mette l’anima e non esitano a riconoscerlo. Di conseguenza bisogna correre e non c’è modo di sbagliare in tutti i campi. Occorre reinventarsi costantementamente. Da qui “Reinventa Dee Oceans” che è il nome della società per cui presto impegno. Lo stile di fare impresa Italiano non si adatta facilmente al sistema inglese. Soprattutto quello del parlare per ore e raccontarsi la storia “della rava e della fava” nel contrattare. Oppure semplicemente inventare amicizie. O affidarsi a terzi influenti per ottenere il risultato. Qui si va dritto al sodo. Se quello che si propone ha valore, chi sta dall’altra parte è in grado di riconoscerlo. Poi se si pensa di muoversi come in Italia aggirando le regole o avendo gli stessi comportamente allora si va incontro a sonore batoste. Occorre chiaramente adattarsi alle logiche locali pena essere e percepiti fuori luogo e penalizzati a livello competitivo

 

  • Cosa pensi del mondo del lavoro a Londra oggi, per quali motivi chi cerca un lavoro all’estero dovrebbe scegliere la capitale inglese?

Londra come tutte le grandi metropoli è una palestra di vita. Magari anche temporanea. Dal punto di vista sociologico per un italiano anche referenziato che ha studiato in Università è dura trovare una posizione equivalente a quella che otterebbe in Italia a parità di condizioni, non essendo madrelingua. Soprattutto se si parla di grande aziende. Occorre un inglese non super ma formidabile e un curricululm molto forte che aiuti. Ci sono molti laureati che oggi lavorano come camerieri e cuochi o al massimo receptionist pur avendo studiato e pur avendo un buon inglese e, in alcuni casi, pur avendo un percorso accademico nel Regno Unito o in altri paesi europei. Per lavoro meno qualificato è sicuramente un buon posto per chi intende misurarsi nella ristorazione e nel campo alberghiero come cuoco, cameriere, adetto di sala e via dicendo, servizio clienti e manutentistica. Si viene messi in regola e s’è ben remunerati. Ma si lavora e non ci sono sconti. Quello che è certo è che si impara a vivere e lavorare in un contesto internazionale e ci si può riproporre altrove con più facilità quando il ritmo metropolitano inizia a logorare. Il tutto richiede solo forza di volontà nel decidere di molllare più o meno tutto, resettare il sistema e ripartire.

 

  • Ritieni che le prospettive per il futuro siano invitanti per chi intende investire a Londra?

La risposta è “dipende”. Se un imprenditore ha il capitale adeguato e sufficiente per poterlo fare e un business che può interessare al mercato, perché no. Poi occorre vendere. E la domanda è… si è in grado di vendere in inglese? S’è in grado di muoversi con efficienza in questo e in altri mercati? Fin quando si tratta di business dove la conversazione incide poco sulla vendita è tutto ok. Ma quando il tecnicismo e la contrattazione sono fondamentali nell’economia della chiusura di contratti le cose cambiano. La situazione economica poi risente un pò dell’effetto recessivo attuale anche qua. Occorre essere in altre parole imprenditori veri. L’imprenditore vero a differenza di quanto si crede è uno che non rischia nel senso che è uno prudente e si muove solo se va a botta sicura. Chi invece vuole giocare a fare l’imprenditore può andare incontro a cosiddetti “fails”.

 

  • In base alla tua esperienza o alle informazioni ricevute, quali ritieni siano i settori migliori nel mercato del lavoro londinese?

Ristorazione, alberghiero, retail, immobiliare, bancario e terziario in generale.

  • Quali differenze hai notato a livello burocratico tra l’Inghilterra e l’Italia?

Tutto più snello, rapido, limpido e chiaro. L’Inghilterra è meno burocratica. In Italia se non hai il timbro e la partita iva non sei “figo” e non puoi operare. Mah! Le aziende vanno messe nelle condizioni di operare e di muoversi velocemente non di essere strozzate da tasse inutili perchè non c’è un sistema efficace che riesce a controllare chi evade.

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Ringraziando Davide per le sue risposte interessanti e preparate, gli faccio il mio migliore “in bocca al lupo” per il futuro, personale e professionale.

Per chi volesse contattalo, ecco i suoi contatti:

E-mail: [email protected]

Linkedin: http://www.linkedin.com/in/davidescialpi

Twitter: http://www.twitter.com/davidescialpi

Luca Cattaneo

 

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